ROMA. Gli audioprotesisti sono una delle 19 professioni sanitarie confluite nel maxi Ordine TSRM e PSTRP (Ordine dei Tecnici sanitari di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione). Come tali, i rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative erano presenti a Rimini per il primo Congresso nazionale dell’Ordine, un’occasione per accendere i riflettori anche su questa disciplina delicata, riferimento in tema di compensazione dell’ipoacusia mediante ausili per l’udito. Ne abbiamo parlato con Massimo Sitzia, docente di Audioprotesi all’università Tor Vergata di Roma e Presidente del comitato tecnico-scientifico ANAP (Associazione nazionale audioprotesisti professionali).
Percorso universitario e nuovi Lea sono sotto la lente di ingrandimento della professione. «C’è un LEA che per certi aspetti grida vendetta perché da una parte ha elevato il ruolo e la competenza del professionista sanitario e dall’altro intende mandare a gare i presidi protesici pensando che un semplice acquisto di un dispositivo alla maggior convenienza possa poi risolvere il problema a un utente ipoacusico. La verità è che c’è una lunga riabilitazione uditiva e che la scelta è un elemento fondamentale nello stabilire quale percorso terapeutico riabilitativo dovrà fare quell’utente» sottolinea Sitzia a Sanità Informazione.
Presidente, si è svolto da poco il primo Congresso dell’Ordine TSRM e PSTRP che vede a suo interno anche i tecnici audioprotesisti Quale sono le prospettive future della vostra professione?
«È un momento epocale. Per la prima volta c’è stata l’opportunità di unire grazie alla legge Lorenzin tanti profili sanitari spesso trasparenti, nascosti, ma tutti fortemente impegnati per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Un momento fondamentale perché questo ci ha permesso di capire quanto sinergici possiamo essere. Lo eravamo ma senza saperlo. Senza uno scambio vero di obiettivi, di intenti ma anche di alleanze per produrre effetti terapeutici comuni. Perché l’uomo è un insieme di necessità: è impensabile che un buon fisioterapista possa fare della riabilitazione a un soggetto ipoacusico con tutte le difficoltà che questo comporterebbe per insegnargli l’esercizio e quant’altro. Vedo difficile il lavoro di un logopedista nella riabilitazione della sordità a un bambino senza protesi. Quindi ci sono elementi forti che ci uniscono. La Legge Lorenzin per la prima volta ci ha permesso di sederci tutti a un tavolo e di lavorare tutti insieme. È un momento epocale».
Quanti siete e come vi state preparando per l’elezione delle Commissioni d’Albo?
«In questo momento stiamo ancora ragionando sui nostri rappresentanti nelle Commissioni d’Albo. Purtroppo tutto quello che non è accaduto in 12 anni è accaduto tutto insieme. Ci stiamo preparando, stiamo lavorando. Abbiamo fatto una riunione dell’associazione maggiormente rappresentativa ANAP nella quale abbiamo parlato su come organizzarci rispetto alle Commissioni d’Albo. I decreti attuativi hanno un mese ma le elezioni sono dietro l’angolo. Stiamo intervistando i colleghi che daranno la disponibilità per organizzare questa cosa».
Alla politica cosa chiedete voi audioprotesisti?
«Abbiamo un po’ di cose importanti da chiedere. C’è un LEA che per certi aspetti grida vendetta perché da una parte ha elevato il ruolo e la competenza del professionista sanitario e dall’altro intende mandare a gare i presidi protesici pensando che un semplice acquisto di un dispositivo alla maggior convenienza possa poi risolvere il problema a un utente ipoacusico. La verità è che c’è una lunga riabilitazione uditiva e che la scelta è un elemento fondamentale nello stabilire quale percorso terapeutico riabilitativo dovrà fare quell’utente. Dire che qualcheduno scelga per noi il presidio e stabilire quella che è l’attività di riabilitazione dello stesso non è dare un buon servizio alla cittadinanza. Poi c’è anche qualche altra cosa che vorremmo chiedere nel rivedere attentamente quelli che sono i percorsi universitari. Un po’ di cose gliele chiederemo senz’altro alla politica ma sempre con spirito collaborativo anche perché la nostra è una professione su cui c’è una grossa ricettività sul mercato. I dati di Almalaurea raccontano che percentuali altissime di giovani laureati vengono impiegati nel settore quindi ovviamente c’è da tanto fare».
di Giovanni Cedrone
fonte: Sanità Informazione